ACCENDERE UN LUME

Intervista a Alberto Gallo, formatore di Comunicazione Non Violenta, che con Claudia Camera conduce i laboratori CNV nel progetto AmbientArti.

Alberto è un giovane/vecchio amico dei Semi di Serra. Ci incontrammo per la campagna sull’Acqua Pubblica, poi ragionammo di moneta complementare e iniziammo a promuovere orti sociali insieme. Siamo molto contenti di ritrovarci e di riprendere a fare animazione di comunità.

Ettore: Con Associazione Scuola Aperta state facendo dei laboratori nelle scuole con il metodo CNV. Cos’è la Comunicazione Non Violenta e cosa c’entrano le giraffe?

Alberto: La Comunicazione Non Violenta è un insieme di cose: un processo e un metodo comunicativo, un approccio alla vita, un modo per comprendere e agire nel mondo, una via spirituale, un grimaldello per la risoluzione dei conflitti…

E’ l’enorme regalo lasciatoci da Marshall B. Rosenberg, allievo di Carl Rogers, psicologo e costruttore di pace. La grandezza del suo contributo si potrebbe desumere dai frutti della sua attività e di quella del CNVC (Center for NonViolent Communication) da lui fondato, poiché ha dimostrato la possibilità di creare dialogo e pace anche nelle situazioni più estreme. Ma io amo indicare un aspetto meno riconosciuto: attraverso la CNV Rosenberg ha dato a chiunque la chiave per prendersi cura di sé e degli altri. Nella nostra società spesso viviamo agli antipodi della nonviolenza, e così ci si può sentire molto soli a guardare il mondo con altri occhi. Per questo la CNV lavora per costruire comunità, e chi assaggia il sapore dell’empatia è in prima fila per creare un mondo nuovo, e per farlo insieme.

La giraffa è il simbolo del linguaggio della CNV, perché è l’animale di terra con il cuore più grande. E con quell’altezza, ha anche una certa capacità di vedere lontano. Queste caratteristiche sintetizzano il mezzo e il fine della CNV

Ettore: Nel progetto AmbientArti dove avete già iniziato i laboratori, dove li farete e a chi sono rivolti?

Alberto: Abbiamo scelto di fare le attività dando priorità al potenziale impatto, che abbiamo cercato di immaginare partendo dai destinatari, e dalle prospettive di follow-up.

Attualmente sono già attivi percorsi al Liceo Avogadro di Biella, e sono previste per l’Istituto Comprensivo di Gaglianico. Le prime rivolte agli studenti (ma riscontriamo un importante coinvolgimento degli insegnanti), le seconde agli insegnanti. In aggiunta, vorremmo dare un contributo a dei ragazzi impegnati tramite PCTO in un doposcuola: il tempo a disposizione è poco, e per loro crediamo sarà più pregnante fare attività specifiche sulle contingenze reali che affronteranno.

Ettore: Che situazione trovate tra i ragazzi?

Alberto: Ehm…prossima domanda?

No, rispondo eccome, è una pessima battuta la mia, che nasconde un grande dolore.

Sono a disagio nel rispondere parlando esclusivamente delle problematiche, che sono sotto gli occhi di tutti. O forse no, altrimenti non esisterebbe tale situazione.

Le ripeto? Depressione, stress, angoscia, mancanza di senso e di motivazione, difficoltà sociali, scolastiche, economiche, e chi più ne ha più ne metta.

Ma per dare un’immagine più chiara dico quello che mi disse il mio nonno tanti anni fa: “siete la prima generazione a guardare al futuro con paura, invece che con speranza”.

Credo che sia tanto più vero per questa generazione di ragazzi. Come aveva previsto più di cinquant’anni fa Pasolini, il consumismo si è insinuato in tutti gli aspetti delle nostre vite, producendo separazione e nichilismo. Più recentemente un brillantissimo intellettuale britannico, Mark Fisher, ha scritto un libro intitolato “Realismo capitalista”, dove -in estrema sintesi- indica con desolante compiutezza l’incapacità che abbiamo anche solo di immaginare come estinguere il capitalismo e il capitalismo delle relazioni umane. Mentre invece sappiamo immaginare mille modi in cui potremmo estinguerci noi. Questa mancanza di visione è quella che impedisce alla speranza di sbocciare, e che ancora alla paura. Purtroppo l’autore del libro è rimasto intrappolato in quella paura, suicidandosi.

A questa pulsione di morte (che poi si traduce in mille comportamenti) si può rinunciare, se si conosce un’alternativa. La CNV porta con sé una pulsione di vita, che ci permette di immaginare anche un diverso modello economico e sociale.

Ettore: Farete un laboratorio anche ai docenti, che aspettative avete?

Alberto: Siamo entusiasti di poter lavorare con gli insegnanti. Credo sia il mestiere più infinitamente bello, importante, difficile, vituperato. E sogniamo di poter offrire un supporto concreto a loro, che sono così determinanti nella costruzione della società del domani, e hanno un grande bisogno di sostegno per questo.

Inoltre, sono gli insegnanti, insieme ai genitori, gli adulti che con continuità sono di riferimento per ragazzi, e per lavorare sull’intelligenza emotiva la continuità è un requisito essenziale.

Cercheremo di creare le condizioni per una educazione reciproca, che è anche il titolo di un altro libro di Marshall -sì, lo chiamo per nome, perchè…ormai è un amico!- l’educazione reciproca vuole essere proprio uno spazio dove le emozioni e i bisogni di tutti sono importanti, e sono visti.

Parallelamente ad AmbientArti, coltiviamo una comunità di pratica, e indicheremo questa strada anche agli insegnanti. Perchè in fondo, è proprio vero: l’unione fa la forza!

Ettore: Alberto conosci i Semi di Serra da tanti anni, cosa puoi dire della loro attività e di come è cambiata in questo decennio?

Beh, tu Ettore sei invecchiato! Ma pur perdendo il pelo non hai perso il vizio: continui a ostinarti a crear cultura, prenderti cura del territorio, delle persone…ma chi te lo fa fare??

Ah già…il cuore. Bello, il cuore di Semi di Serra, conservatelo bene, che ce n’è tanto bisogno.

Ettore: Guarda, Alberto, per me è una necessità: è l’unico modo per restituire ai ragazzi speranza. E non è idealismo, penso sia molto concreto ed evidente che costruendo comunità si cambino qualitativamente le relazioni, si esce dall’isolamento e si può affrontare tutto.

Insomma come ci trovi oggi?
Alberto: Non sono la persona più adatta per quest’ultima domanda, perché l’affetto mi rende cieco ai ragionamenti ora. Non mi va di parlare delle evoluzioni di Semi di Serra, perché in ogni caso sono cambiamenti, che avvengono insieme alle volontà degli associati. So che ci provate, al meglio delle vostre possibilità, e questo mi basta. Questo mi fa sbocciare gratitudine e ammirazione, perché so quanto sia impegnativo continuare a costruire in un mondo che sembra lanciato come un treno verso un dirupo. Ma proprio qui sta il segreto di coltivare speranza, perché come diceva Federico Caffè: “È preferibile sforzarsi di accendere un lume, anziché inveire contro le forze del male

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