I luoghi comuni del debito pubblico

Riduzione cura di EM

Rodolfo Monacelli, promotore del manifesto di Bottega Partigiana intervista Francuccio Gesualdi. Potete trovare l’intervista completa su http://www.correttainformazione.it/

Recentemente A? uscito il suo libro a�?Le catene del debitoa�?, dove critica i a�?luoghi comunia�? a proposito del debito pubblico. Quali sono questi luoghi comuni?

Il primo luogo comune A? che noi siamo indebitati perchA� siamo un popolo che ha vissuto al di sopra delle proprie possibilitA�. Questo A? un luogo comune fondamentale che, poi, ne fa scaturire un altro, e cioA? che non abbiamo nessun altro obbligo se non quello di pagare e che i sacrifici che ci sono imposti sono la giusta punizione per i reati commessi. E’ il ragionamento che scatta nella testa di ciascuno di noi e che ci porta a chinarla di fronte alle politiche di austeritA� che ci vengono imposte dal governo italiano, dal governo europeo e dal Fondo Monetario Internazionale. La veritA� A? una��altra e cioA? che, nel corso del tempo, abbiamo dovuto pagare una montagna di interessi cosA� alti che, questi sA�, non siamo riusciti a pagare nonostante, dal 1992 in poi, abbiamo risparmiato qualcosa come 670 miliardi. Ciononostante, non siamo stati capaci di pagare anno per anno tutti gli interessi e, a questo punto, A? scattato il meccanismo detto di a�?anatocismoa�?: interessi non pagati sono stati considerati come nuovo prestito, per cui la��anno successivo sono ripartiti gli interessi da una cifra piA? alta e questo, naturalmente, ha fatto sA� che il debito crescesse come se fosse una valanga di neve. E non vediamo ancora come potrebbe essere fermata poichA� nel 2012, nonostante un risparmio di circa 40 miliardi, ci siamo indebitati per altri 45 a causa degli interessi. E questa��anno succederA� la stessa cosa nonostante le varie restrizioni e le leggi di stabilitA� che si faranno.

Per ogni debitore ca��A? sempre un creditore. Quali sono i creditori dello stato italiano?

Una prima divisione da fare A? quella tra creditori nazionali e creditori esteri.
I creditori esteri rappresentano circa il 40%, anche se va precisato che dentro questo 40% ca��A? anche una quota di investitori italiani a�?estero-vestitia�? perchA�, pur essendo italiani e utilizzando capitale italiano, preferiscono perA? comprare i titoli di debito pubblico attraverso agenzie e societA� estere per ovvi motivi di agevolazione fiscale, una��elusione fiscale in piena regola. Quando parliamo di creditori esteri, perA?, non stiamo parlando solo di banche estere, soprattutto le banche del Nord Europa ma anche banche americane, ma anche di fondi da��investimento, di assicurazioni, senza dimenticare neanche la Banca Centrale Europea che, pur non potendo acquistare per statuto buoni del tesoro, si riempie perA? i cassetti di titoli di debito pubblico italiano attraverso i prestiti che la BCE fa alle banche italiane. In cambio dei suoi prestiti la Banca Centrale Europea chiede, infatti, alcune garanzie, tra le quali ci sono anche i buoni del Tesoro e, proprio in virtA? di questo meccanismo, ha riscosso dal governo italiano qualcosa come 8 miliardi di interessi.
La��altro 60% A?, invece, costituito da soggetti nazionali, in primis le banche italiane con circa il 24%, poi le assicurazioni e i fondi con il 20% e, in terza posizione, le famiglie italiane con il 10% (tanto per sfatare il mito secondo cui il debito pubblico italiano sarebbe posseduto prevalentemente dai cittadini) e, infine, abbiamo una quota minoritaria per il 5-6% che A? detenuto dalla Banca da��Italia, anche qui un coordinamento di banche, purtroppo ancha��esso di natura privata.

Tra le sue proposte vi A? quella del a�?ripudio del debitoa�?. Ritiene, a tale proposito, che sia necessario un audit sul debito pubblico?

A? necessario un audit, per fare delle verifiche di quali sono state le ragioni per cui ci siamo indebitati, in modo da capire non soltanto le cause a�� i privilegi fiscali concessi alle classi agiate, la corruzione che in Italia sappiamo essere abbastanza corposa a�� che hanno assottigliato le risorse a nostra disposizione per poter pagare gli interessi, ma anche le responsabilitA� da parte degli investitori che sono riusciti, attraverso processi speculativi, a fare in modo che i tassi da��interesse si mantenessero a certi livelli. BisognerA�, dunque, cominciare a chiederci se un debitore deve continuare a pagare il suo debito per la��eternitA�, soprattutto se innescato da anatocismo, o se a un certo punto bisogna decidere, anche per legge, la cessazione di qualsiasi tipo di obbligo, proprio per cercare di regolarizzare i rapporti. Sono dunque da��accordo con un audit, inteso come una��indagine per cercare di capire come si A? formato il debito e per verificare tutte queste situazioni ma, soprattutto, per mettere in evidenza quali sono le quote di debito che si sono create per colpa delle iniziative che non hanno niente a che vedere con il bene collettivo. E, da questo punto di vista, tutte le ruberie che sono state commesse si inscrivono in questa logica, cosA� come le manovre speculative. Nel 2007, infatti, la��Equador ha fatto un audit per tentare di capire da dove derivava tutto il suo debito e, spulciando tutte le carte, A? venuto fuori che una parte del debito era stato contratta a tassi esagerati proprio per rendere un favore alle banche americane e, chiarita la situazione, ca��A? stata una chiara posizione da parte del governo della��Equador che ha detto: a�?Noi questa parte di debito non siamo disposti a pagarlaa�?. In un primo momento le banche coinvolte hanno fatto la voce grossa dopodichA�, secondo la regola per la quale quando il debitore non paga i problemi non sono del debitore ma del creditore, sono venute a patti e hanno estinto il debito riducendolo di circa il 70%. Il ripudio del debito, dunque, inteso come ripudio di tutta quella parte di debito che A? stata creata non per rendere un servizio ai cittadini ma per favorire la classe politica, le banche, il mondo della finanza e il mondo della��economia, A? possibile soltanto attraverso una seria indagine, ossia un audit pubblico e popolare, il piA? trasparente possibile e affidato alla sovranitA� collettiva.

Nel suo libro afferma che a�?la sovranitA� monetaria non A? sufficiente, ma A? fondamentale anche quella politicaa�?. Ci vuole spiegare meglio questo concetto?

La sovranitA� monetaria A? un passaggio necessario, ma non sufficiente, soprattutto pensando al livello di debito che abbiamo raggiunto. La sovranitA� monetaria ci farebbe recuperare la possibilitA� di poter stampare moneta e, quindi, di poter utilizzare la moneta come uno strumento al servizio dei governi, soprattutto per raggiungere finalitA� sociali. Oggi questo tipo di esigenza A? molto pressante, poichA� abbiamo qualcosa come 6 milioni di disoccupati in Italia, che corrispondono al 24%, e sono contento che anche Saccomanni lo abbia finalmente riconosciuto. Fino a poco tempo fa, invece, si parlava del tasso di disoccupazione al 12,5% della forza lavoro, ma questo dato A? un inganno, perchA� si continua a prendere come riferimento soltanto coloro che cercano attivamente lavoro, mentre sappiamo che ca��A? un numero altrettanto grande di disoccupati che vorrebbe lavorare, ma ormai il lavoro non lo cercano neanche piA? perchA� A? scoraggiato. La cifra vera, dunque, A? sei milioni uguale al 24% della forza lavoro e, in una situazione di questo genere, si continua a dire che la crescita ci salverA�, pensando che i posti di lavoro li debbano creare soltanto le imprese private. Questo purtroppo A? il nostro vizio, il baco che abbiamo nella testa, mentre dobbiamo cominciare a dire che i posti di lavoro possono e devono essere creati soprattutto dalla struttura pubblica per il soddisfacimento di tutti i bisogni collettivi che noi abbiamo, che vanno dai servizi come la SanitA� e la��Istruzione fino alla difesa e alla ristrutturazione dei territori che sono stati degradati.

Non ritiene che il mantenimento di questa Europa sia una delle principali cause della��insorgere dei nazionalismi in Europa, come la Le Pen in Francia o Alba Dorata in Grecia?

SA� lo A?, perchA� la��Europa si A? trasformata in un gigantesco gendarme al servizio dei creditori per accertarsi che i singoli governi gestiscano i propri bilanci avendo come prioritA� soltanto il pagamento degli interessi. Questa��Europa A? diventata un nemico proprio a causa di questo tipo di meccanismo. Se invece cominciassimo a cambiare la��atteggiamento della��Europa, cominciando a dire che la��Europa non deve tenere piA? in considerazione la��interesse dei creditori, ma deve invece iniziare a considerare i diritti, i beni comuni, la possibilitA� di emancipazione, soprattutto delle fasce piA? deboli, allora automaticamente questa��Europa verrebbe vista come una��alleata e una grande amica. Non A? la��Europa come tale il problema, ma il tipo di obiettivo che questa��Europa ci sta ponendo. Dobbiamo ribaltare questa concezione e credo che se tutti i popoli cominciassero a mettere a fuoco che questo A? il problema riusciremmo a costruire un altro tipo di Europa e forse metteremmo anche uno stop ai vari partiti di destra e di tipo nazionalistico.

Ritiene, infine, che non vi siano alternative alla��Euro? E cosa pensa di chi, come la��economista Emiliano Brancaccio o la��associazione a�?Bottega Partigianaa�?, pensa sia possibile una��uscita a�?da sinistraa�? dalla��Eurozona?

Certo che ca��A? una��alternativa alla��euro: la proposta di Amoroso A? una di queste, la proposta di Lordon e Sapir di una a�?moneta comunea�? A? una��altra, anche se non so se potrebbe funzionare poichA� qualcuno ha sollevato alcuni dubbi. Da un punto di vista tecnico ca��A?, comunque, questa possibilitA� e poi, certo, ca��A? sempre la possibilitA� di poter tornare alle nostre monete nazionali, che io stesso nel mio libro vedo come a�?ultima ratioa�?. Se, cioA?, ci rendessimo conto che tutti i tentativi per avere una��Europa gestita in maniera diversa non funzionano, allora potremo anche accettare di tornare alla nostra lira. In quel caso, perA?, dobbiamo anche chiederci che tipo di Italia vogliamo costruire, perchA� se vogliamo costruire una��Italia che ragiona, dal punto di vista degli obiettivi sociali, esattamente come la��Europa allora sarebbe una vittoria di Pirro. Avremmo semplicemente la nostra lira con possibilitA� di svalutazione, che non A? certo la panacea di tutti i mali perchA� ha colpi e contraccolpi, ma da un punto di vista sociale non avremmo modificato di molto la situazione. La proposta di Brancaccio di uscita dalla��euro a�?da sinistraa�? credo che rientri in questa logica. Dovremmo, cioA?, avere la consapevolezza di quale tipo di lira vogliamo costruire, al servizio di chi e, soprattutto, quale tipo di programma politico vogliamo raggiungere una volta che siamo tornati alla nostra sovranitA� monetaria. Questa, secondo me, A? la��uscita dalla��euro a�?da sinistraa�?.

A cura di EM

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