IL RISCATTO DELLA TERRA

Pubblichiamo di seguito l’articolo di Ettore Macchieraldo scritto per l’ultimo numero di “Varie Eventuali”, Quattordicinale di Informazione Sociale e Culturale di Ivrea. Ettore ha intervistato alcuni soci dei Semi di Serra che ci raccontano qualche dettaglio su quanto si è svolto il 2 novembre nel comune di Roppolo e su quanto è alla base della loro filosofia, in questa avventura del ritorno alla dimensione solidale e agricola.

di Ettore Macchieraldo

A Roppolo il Comune e i Semi di Serra hanno convocato sabato 2 novembre i cittadini per verificare l’interesse per il recupero dei terreni incolti tramite un’Associazione fondiaria, che sia il punto di partenza per offrire lavoro a giovani e meno giovani. Vi è stata una buona risposta, in 25 hanno per ora aderito, ma l’attenzione è alta e in molti si stanno interessando a questo progetto. I prossimi appuntamenti saranno il 16 novembre, alle ore 14 30 una passeggiata per Roppolo per vedere i terreni lasciati a disposizione dai proprietari; sempre entro novembre vi sarà anche un incontro con il Gas di Ivrea Ecoredia, per capire cos’è e come funziona un gruppo d’acquisto solidale.

Nelle zone collinari della Serra si vedono sempre più terreni incolti che vengono abbandonati. E’ un fenomeno che ha radici nei cambiamenti della struttura sociale del Canavese e del Biellese, ovvero nella trasformazione di queste aree in zone industriali nel corso del ‘900. In realtà sia Olivetti per un verso, che tutto il tessile biellese per un altro avevano mantenuto un rapporto forte con il territorio, evitandone la devastazione e, anzi, salvaguardando anche la sua manutenzione. E’ stata meno saggia la de-industrializzazione che dopo i ’70 ha investito questa area, come le altre aree industrializzate del nord Italia.

A Roppolo (ma non solo) stiamo pensando di usare questo abbandono e trasformarlo in una risorsa. Ovvero tutte queste proprietà frammentate, grazie all’interessamento dell’amministrazione comunale, verranno aggregate in una Associazione fondiaria e, successivamente, date in gestione a un gruppo di giovani e meno giovani intenzionati a coltivarli.
Sono uno dei promotori di questa iniziativa quindi, in pieno spirito di condivisione, ho chiesto ad alcuni miei sodali di spiegare perché ritengono questa iniziativa importante e che cosa li convince.
Iniziamo con Eleonora Rosso, giovane laureata in Scienze della Comunicazione, da sempre abitante a Roppolo, consigliere di minoranza in consiglio comunale sempre a Roppolo:
Il progetto Terre Incolte prevede il ripristino e la riqualificazione di terreni agricoli abbandonati. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di riportare in attività terreni che nel passato venivano utilizzati in agricoltura e che ora, sono stati abbandonati dai loro proprietari o dai loro eredi e che, in molti casi, non risiedono nel territorio comunale. Il progetto prevede quindi l’individuazione di questi terreni e l’acquisizione di questi da parte di un gruppo di residenti e non, che si occuperanno di coltivarli prendendosi cura del territorio ma soprattutto dando possibilità di occupazione a giovani disoccupati o sottoccupati del paese.

Personalmente ritengo che l’iniziativa di recuperare le terre incolte sia molto interessante, utile e di successo.” Aggiunge Marcella Sarasino, responsabile del gruppo d’acquisto solidale che i Semi di Serra hanno iniziato a costituire a Roppolo. Marcella lavora come impiegata, è mamma di due bambini e abita a Roppolo da circa 8 anni.
Oltre a ridare “vita” a spazi finora inutilizzati può essere di grande aiuto per chi è in cerca di lavoro e per chi vuole sostenere o iniziare a sostenere il consumo di prodotti locali e a km zero.

Abbiamo poi chiesto a Pancrazio Bertaccini, ingegnere ambientale e vice presidente dei Semi di Serra dal 2012, trasferitosi a Roppolo da 3 anni, padre di 4 bambini, che cos’è la ‘sicurezza alimentare’ e cosa ha a che fare con Roppolo.
Quello della sicurezza alimentare è un concetto che è stato sviluppato in passato per le problematiche legate all’alimentazione nelle popolazioni dei paesi in via di sviluppo. Un concetto che indica la possibilità di queste popolazioni ad avere un accesso adeguato al cibo sia in quantità che in qualità, senza che questo accesso sia ottenibile a scapito di altri aspetti quali l’educazione e la salute, e al tempo stesso garantendone la sua continuità.

Negli ultimi anni però, malgrado la nostra disponibilità di cibo ci sembri ancora illimitata, anche la nostra sicurezza alimentare comincia ad essere condizionata da fattori economici, legati soprattutto all’energia e ai trasporti, ed è la sovranità che abbiamo sul cibo stesso ad essere fortemente condizionata. Oggi l’antica relazione complessa che fondava su vincoli ecologici l’aspetto agricolo con quello alimentare è stata alterata dallo sviluppo dei trasporti, dei mass-media e del flusso di informazioni che sono in mano a chi controlla sia le informazioni stesse, sia la produzione di beni. Questo ha portato a considerare gli alimenti soprattutto in base alla loro valenza merceologica, dove il cibo diventa “buono da vendere” e il principio di fondo non è più quello agro-ecologico, bensì quello legato ad un modello omologato di consumo. La diversità di colture e di varietà viene sacrificata per assecondare le esigenze dell’industria della trasformazione, e il patrimonio colturale viene ristretto sulla base dell’idea del “vantaggio comparato” per il quale è meglio produrre unicamente il bene che rende di più, e con ciò che se ne ricava acquistare gli altri beni necessari. Ovviamente tutto ciò è a scapito di sovranità e sicurezza alimentare, infatti ne conseguono a ruota l’agricoltura mono-culturale intensiva, che favorisce la concentrazione di risorse in poche mani nonché un deterioramento ambientale del suolo e degli ecosistemi, e “l’integrazione di filiera” che riduce il ruolo sociale ed economico della produzione primaria (cioè di chi lavora la terra) a vantaggio degli aspetti commerciali, del trasporto e della trasformazione. L’agricoltura perde così ogni relazione con il territorio e diventa una semplice estrazione di materie prime da mettere a disposizione degli altri processi, a cui è demandata la parte principale nella formazione del valore aggiunto.

Noi crediamo che il sistema contadino debba descrivere l’interazione tra le attività domestiche, agricole e non, svolte all’interno della comunità, nella cura del territorio, delle attrezzature, delle risorse e delle famiglie. In questo ambiente la massimizzazione del profitto non è prioritaria ma lo è la capacità di conservare nel tempo i propri strumenti di formazione del reddito e di sostentamento. In questo modo una comunità può percepire in modo integrale l’attività produttiva, il reddito che ne deriva e la propria autosufficienza alimentare, che, variabilmente in base alle caratteristiche del territorio in cui si trova, definito dalle risorse disponibili e dal clima, pone le basi per la propria sicurezza alimentare.

Certo sembra tutto molto bello ma, come dice Pancrazio, la nostra iniziativa non ha come scopo la creazione di profitto, bensì il recupero del territorio e la creazione di reddito. Ci stiamo ponendo quindi il problema di come renderla economicamente sostenibile, anche al di fuori dei parametri -considerati imprescindibili- del mercato.
Come spiega Eleonora: “L’iniziativa di Terre Incolte prevede successivamente, la realizzazione di una rete commerciale che possa creare una sinergia tra gli impiegati nel progetto e i consumatori dei prodotti che verranno coltivati. I prodotti della terra, in particolare ortaggi e piccoli frutti, verranno immessi in una rete commerciale che coinvolgerà il Gas locale (gruppo di acquisto solidale) che può contare sulla partecipazione di trenta famiglie. Non solo, il gruppo di lavoro gestirà un piccolo spaccio in paese che potrà essere un punto di riferimento per i consumatori che non fanno parte del gas e che potranno usufruire di altri servizi come le consegne a domicilio o il sistema di ordinazioni on-line. Fondamentale per la sostenibilità economica del progetto sarà la collaborazione con i ristoratori locali. Sul territorio di Roppolo e Viverone sono infatti presenti numerosi ristoranti, alberghi e agriturismi con i quali sarà importante intrattenere un rapporto di fornitura dei prodotti stagionali che comporterà un beneficio per l’attività di coltivazione ma anche un ritorno di immagine per i ristoratori che potranno proporre prodotti stagionali a km0.

E Marcella aggiunge: “Essendo il supporto della comunità un punto di forza, il gruppo d’acquisto deve cercare di acquistare in maniera costante. Il gruppo che finora si è creato tra di noi comincia ad essere rilevante e gli ordini sempre più consistenti, e la garanzia di un certo numero di persone che acquistano è sinonimo di successo.
Certo, ora si comincia e tutto deve diventare concreto, il prossimo sabato (16 novembre) cominceremo a “conoscere” questi terreni e grazie agli esperti capiremo a cosa meglio si adattano, poi bisognerà cercare di ampliare ancora di più il gruppo d’acquisto e farne una buona pubblicità.

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