Intervento introduttivo al seminario sulla ecologia digitale del 15 e 16 settembre 2023 alla Fondazione Bricherasio, Roppolo
Ci chiamiamo Semi di Serra perché, fin da quando abbiamo fondato l’associazione nel 2009, ci siamo connotati per avere un forte legame con il territorio: la Serra, la collina morenica che divide Ivrea da Biella, il Canavese dal Biellese. E’ anche però una cerniera naturale che unisce i due lati, certamente ha unito noi che siamo qui ora e arriviamo da entrambi i versanti della collina.
Non la faccio più lunga del dovuto, già molti di voi, proprio i primi Semi, fin dalle scuole elementari, hanno subito spiegazioni sull’origine della Serra e dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea: il ghiacciaio, i suoi movimenti, la conformazione che ha lasciato e così via dicendo.
In questa occasione mi preme di più dire che “serra” stava, nelle nostre intenzioni originarie, anche per luogo protetto, dove i semi crescono e diventano piante, dove si radicano. Erano i tempi della crisi dei mutui subprime, dei crolli finanziari, di quei famosi battiti di ali dall’altra parte del mondo che creano uragani anche qui da noi.
E così pensavamo di poter proteggere le piccole piante che sarebbero nate ma, in realtà i semi si muovono, vengono trasportati, adottano strategie di diffusione anzi, di disseminazione e non si possono fermare. E’ sempre stato così, figuriamoci nell’era della globalizzazione, dei cambiamenti climatici di quello che viene definito Antropocene. E torniamo alle ere geologiche… e questa è quella in cui l’essere umano, con le sue attività e il suo sviluppo, è riuscito a modificare l’ambiente terrestre.
Cosa c’entra tutto questo con quella che abbiamo definito come ecologia digitale?
Per spiegare il nesso partiamo dal wild, il selvaggio, e anche dal wise, la saggezza, che abbiamo messo nello slogan che accompagna questo seminario.
Citiamo, per spiegarci, un film americano che segna un cambio di prospettiva radicale, è Into the wild, uscito nel 2007, più o meno quando spuntarono i nostri primi Semi. E’ un film che si inserisce nel solco della migliore letteratura e filmografia nord americana, ma che rappresenta nel contempo i suoi luoghi comuni: la ribellione, la fuga , la conquista.
Il protagonista, Chris, è un giovane che rifiuta la vita conforme e falsa della sua famiglia, si laurea e parte, senza soldi, anzi i pochi che ha li brucia, e attraversa gli USA per andare in Alaska.
C’è però un aspetto centrale del film che marca una cesura con la cultura nord americana di provenienza ed è proprio il rapporto con l’ambiente naturale.
Il film si apre con una citazione di Lord Byron: non amo di meno gli uomini, ma di più la natura
Ecco in questo è il wild, il selvaggio è proprio nell’abbandonare l’antropocentrismo – il mettere al centro l’uomo e la sua capacità di modificare l’ambiente; per un americano del nord vuol dire rinnegare il mito del far west, della conquista del selvaggio per soggiogarlo, per renderlo sfruttabile dalla civiltà dell’uomo bianco.
Niente telefono, niente piscina, niente cani e gatti, niente sigarette. Libertà estrema. Un estremista. Un viaggiatore esteta che ha per casa la strada. Per uccidere il falso essere interiore suggella la rivoluzione spirituale. Cammina solo sulla terra per perdersi nella natura selvaggia.
Chris cambia nome e diventa Alexander Supertramp, si perde nella natura, ne riconosce la necessità e la saggezza.
Stefano Mancuso, un divulgatore scientifico molto conosciuto, scrive che “le piante sono incredibilmente diverse dagli animali. Il loro corpo, la loro architettura, le loro strategie sono spesso diametralmente opposti a quelli animali. Gli animali hanno un centro di comando, le piante sono multicentriche. Gli animali hanno organi singoli o doppi, le piante hanno organi diffusi. Gli animali sono individui (nel senso di indivisibili), le piante non lo sono affatto, essendo più simili a colonie. Insomma, sembrerebbe che negli animali l’enfasi sia più sul singolare, mentre nelle piante è sul plurale. Negli animali conta più l’individuo, nelle piante il gruppo. Organismi così differenti da noi devono essere osservati attraverso le lenti della comprensione, non della similitudine. Non potremo mai capire le piante se le guardiamo come se fossero degli animali menomati. Sono una forma di vita diversa, né più semplice né meno sviluppata di quella animale. “
E insomma … parrebbe proprio che la saggezza la dovremmo imparare dalle piante.
L’invito dei Semi di Serra (in versione adulti) e quello di usare questi due giorni per comporre un discorso, come si usa dire una narrazione, che usi più il plurale che il singolare, che ci porti a disseminare comportamenti coerenti con la necessità di mitigare i cambiamenti climatici e, possibilmente, senza scaricarne i costi principalmente su chi non può permettersi di essere green.
Insomma: Riduciamo i rifiuti all’origine, Riusiamo gli oggetti, Ricondizioniamo i Personal Computer e ricicliamo tutto il resto. Questa è saggezza, ed è anche tornare selvaggi.
E se i semi si spargono come dicono i botanici, allora colonizzeremo il mondo di buone pratiche.
Va beh, mi sono fatto prendere la mano, cominciamo dai due lati della Serra.
Grazie e buon lavoro dai Semi di Serra